Superando.it del 05-01-2018

Per prendere un caffe’… attendiamo progettisti illuminati
Nel raccontare la storia di Andrea, persona con disabilità visiva che con
grande ironia dichiara il proprio timore di essere «condannato a vita a bere
in azienda sempre caffè macchiato dolce», Stefania Leone conclude così:
«Come per tanti altri piccoli ausili ed elettrodomestici, anche per i
distributori automatici di caffè aspettiamo ancora un progettista illuminato
che “fiuti” l’affare e che costruisca degli oggetti vocalizzati, adatti a
chi ha problemi di vista, potendoci anche guadagnare molto bene!».
Ma l’internet delle cose funziona con il distributore del caffè? Ovvero,
prendere una bevanda calda in azienda è realmente un’operazione semplice?
Non lo è affatto per Andrea, persona con disabilità visiva che vive e lavora
a Cagliari, che è esperto di accessibilità e che mi racconta in modo
spontaneo e divertente il tentativo di prendere un caffè durante la pausa
del lavoro.
«Anche prendere un caffè in azienda – dice -, per chi come me è disabile
visivo, può diventare molto complicato; in azienda abbiamo un “locale svago”,
dove ci sono due distributori automatici per bevande, snack, soft drink e
succhi di frutta vari. Premetto che uno dei due è completamente
inaccessibile e non usabile per me, perché per scegliere un prodotto, dovrei
digitare su una tastiera il numero del prodotto stesso che è ben scritto
sotto il tunnel con tutti i prodotti, e allora mi concentro su quell’altro,
che eroga caffè, thè o bevanda gusto cioccolato. Prima cosa geniale: per
inserire le monete non c’è la feritoia, ma una slitta dove si poggiano i
soldi e poi con un colpo secco verso l’alto si fanno cadere nell’apposita
cassettiera. Ovviamente la prima volta ho avuto un rapporto quasi carnale
con la macchina e se non avessi avuto l’aiuto di un collega vedente, non
avrei capito nulla. Ma veniamo al passaggio successivo, scegliere la
bevanda. I tasti sono posti in modo verticale sulla destra della macchina,
sono tutti uguali e – se pigiati – fanno tutti lo stesso beep; all’inizio
contavo da su a giù, il mio tasto era il quarto dall’alto, un discreto caffè
macchiato dolce, ma non ti dico gli errori, erano più le volte che prendevo
il thè (tasto sotto) o il caffè espresso (tasto sopra). E tra l’altro
nemmeno selezionare lo zucchero è una passeggiata! La macchina
“intelligente” in automatico te ne offre tre tacche, e se vuoi modificare
devi premere un certo pulsante, ma – neppure a dirlo – un tasto uguale a
tutti gli altri, sempre con il solito beep di ordinanza. La selezione
procede solo in avanti e quando arriva a cinque riparte da zero, e allora
devi calcare il primo tasto in alto della verticale sempre con il solito
beep per ben quattro volte se vuoi solo una tacca di zucchero! Insomma, per
non complicarmi troppo la vita, lascio sempre la quantità di zucchero
predisposta e per evitare sbagli ho messo un pezzettino di nastro adesivo a
fianco del bottone, per selezionare il caffè macchiato dolce. Inutile dire
che sono condannato per tutta la mia vita lavorativa a bere sempre caffè
macchiato dolce, a patto che qualcuno non tolga il mio segnalino…».
«Immaginavo – racconta ancora Andrea – una tecnologia che più va avanti e
più cerca di ridurre i gap. Una tecnologia che abbatte le barriere e non le
crea; immaginavo progettisti illuminati che con un approccio figlio del
cosiddetto Design for All [“progettazione per tutti”, N.d.R.] avrebbero con
gioia progettato prodotti utilizzabili in modo semplice da tutti, e invece
qualche tempo fa mi sono dovuto ricredere! Ero infatti nel locale ristoro
per il caffè di mezza mattina, arriva il tecnico delle macchinette ed io,
con il mio migliore sorriso, gli chiedo a chi mi devo rivolgere per cambiare
il distributore del caffè. Lui mi chiede cosa non va, gli spiego le mie
difficoltà e lui sempre sorridendo mi risponde: “Lei continui ad usare
questo, i nuovi modelli hanno il display touch…».
«Ma esistono o no – conclude Andrea – distributori di caffè automatici
accessibili per chi ha una disabilità visiva? Ovvero con una sintesi vocale
o con qualche segnalazione tattile? È poi così complicato?». No, gli ho
risposto, non è complicato. Ricordo ad esempio di avere trovato un
distributore di caffè con targhette in Braille, ma era in un Istituto per
Ciechi oltre vent’anni fa… Chissà se è ancora lì!
Bisognerebbe perciò che il principio dell’Universal Design fosse insegnato
nelle grandi Scuole di Design, oltreché nelle Facoltà di Ingegneria,
Informatica e Architettura, per una tecnologia che, evolvendosi, riducesse
le discriminazioni, una tecnologia che abbattesse le barriere e non ne
creasse di nuove, come sottolineato da Andrea. E invece – come per tanti
altri piccoli ausili ed elettrodomestici -, aspettiamo ancora un progettista
illuminato che “fiuti” l’affare e che costruisca degli oggetti vocalizzati,
adatti a chi ha problemi di vista, potendoci anche guadagnare molto bene!
di Stefania Leone
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